Interviste

Dylandogofili intervista Nicola Mari

Carissimi amici Dylandogofili,
oggi il nostro Fabio ci delizia con la sua intervista al mitico Nicola Mari. Buona lettura!!!

Grazie per aver accettato la nostra intervista,
inizierei col chiederti se esistono delle similitudini tra uno dei più bravi disegnatori del nostro amato DD  (diventato iconico per il suo stile così diverso e particolare) e il personaggio inventato da Tiziano Sclavi:

Sei vegetariano?

“Se mi etichetti mi annulli”, disse Kierkegaard. Posso dirti che mangio di tutto, molto di rado la carne.

Ti piace la Pizza?

Moltissimo, quanto a una tartaruga ninja.

Ami gli animali? (ne possiedi?)

Nella mia vita mi sono preso cura di moltissimi animali, se ciò sia espressione d’amore non saprei: amore è un concetto troppo difficile da afferrare e mettere a fuoco.

Di tutti questi animali il più longevo è Pimpa, un mostro dalle sembianze di gatta che da ventidue anni mi ospita in casa mia. (non è un Mostro, è affettuosissima... Ndr.)

Vai spesso al Cinema?

No, ma vedo moltissimi film a casa.

Quali sono le tue paure? I tuoi incubi? Cosa maggiormente ti spaventa?

Ho paura di tutto, soprattutto degli incubi a occhi aperti, come ad esempio la vita...

...è più inquietante non sapere cosa ci riserverà il futuro, non poter vedere cosa ci sarà un domani; o un presente dove la gente con vede (o finge di non vedere) l’orrore di cui è circondata?

[Tiziano diceva sempre che quando torniamo a casa la sera il vero Orrore non è quello che lasciamo fuori dalla porta della nostra casa, ma quello che ci portiamo con noi dentro...]

Entrambe le condizioni che mi descrivi sono integralmente realizzate.

Il futuro da dimensione della speranza e della promessa è diventato luogo dell’imprevedibilità, quando non della minaccia.

Ne consegue che per difendersi da questa inquietudine fondamentale, ci si rifugi in un sempiterno presente che ha espunto passato e futuro. E poiché il tempo, insieme allo spazio, rappresenta uno degli “a priori” dell’umano, una volta che l’umano è privato del tempo, ciò che rimane è l’angoscia del vuoto, del nulla a cui aggrapparsi.

E il peggio è già venuto, in uno stato in cui la consapevolezza cede fatalmente il passo a una volontaria inconsapevolezza, compresa quella di essere abitati da ombre e orrori, per ricollegarmi alla citazione che opportunamente riporti nella tua bella domanda.

Ti è mai capitato di trasmettere delle tue personali condizioni emotive nel lavoro che svolgi?

Ritengo che ogni nostra espressione, comprese le domande che hai elaborato per questa intervista, sia l’esito di una condizione emotiva: “emotivo” è il participio passato di emovere, smuovere.

Noi siamo mossi soprattutto da ciò che è irrazionale, su cui la ragione non ha completo governo.

Quando interpreto e traduco un testo scritto in fumetto, applico una competenza e un’abilità tecnica ma, al tempo stesso, devo abbandonarmi alle suggestioni che il testo muove in me. E tutto ciò che ci muove, è sempre un evento empatico, emotivo.

Tiziano si è sempre battuto (quasi a livello di morbosa ossessione) per cancellare la discriminazione tra “fumetto d'autore” e “fumetto seriale”, pensi ci sia riuscito?

Assolutamente si!.

Considerando che il fumetto è la 9° Arte, quindi chi disegna un fumetto è un'artista, senti il peso della tua creatività e del tuo lato “artistico” nel tuo lavoro? Te lo chiedo rifacendomi ad un vecchio articolo di Vincenzo Oliva dove appunto parlava della riconoscibilità dell'arte nel fumetto....

Ti lascio il link dell'articolo in merito: http://www.ubcfumetti.com/mag/nicolamari.htm

Il concetto di arte è attraversato da una miriade d’interpretazioni, tutte affascinanti e plausibili, ma nessuna definitiva, quasi che solo l’arte possa definire se stessa.

Per comprendere in modo adeguato il concetto di arte, è indispensabile prendere in considerazione un insieme di competenze e saperi ben più ampio e universale di quello che in genere si utilizza.

Perciò mi risulta difficile, se non impossibile, porre tale concetto in relazione addirittura ai linguaggi che comunemente sono sinonimi di arte (poesia, pittura, letteratura, teatro, cinema e così via), quindi definire artista chiunque sia in relazione a tali ambiti.

Nello svolgimento del lavoro, dunque, le mie problematiche sono di natura essenzialmente tecnica.

L’urgenza di definire artistico un linguaggio, fumetto compreso, appartiene a chi avverte questo tipo di bisogno, ma non appartiene mai al linguaggio.

Per fare un esempio tra i tanti possibili, ciò che oggi nominiamo con l’espressione “scienza”, fino a non troppo tempo fa, era chiamata “filosofia della natura”. Oppure si consideri che nel riferirci alle sculture del Partenone utilizziamo l’espressione “arte”, malgrado la parola “arte” nasca, insieme alla parola “parola”, nell’ambito della scolastica medioevale.

Tuttavia comprendo la necessità di de-terminare e nominare le cose del mondo. Ciò è indispensabile per orientarsi nella complessità.

Ma per tornare allo specifico della domanda, personalmente, sono molto più interessato alla questione dello stile che non a quella dell’arte.

Lo stile di Wilde segnò la storia dell’arte, ma soprattutto creò un’arte della storia. Un esempio (magno) per tentare di spiegare che lo stile non è solo un evento formale, ma è intensità, è l’universale che irrompe nel relativo.

Solita domanda di chiusura: in questo momento a cosa stai lavorando?

Sto terminando una sceneggiatura di Tiziano Scalvi.

Grazie mille del tempo che ci hai dedicato.